A causa dell’emergenza sanitaria scaturita dalla diffusione del COVID-19 si è generato un forte deterioramento del contesto economico italiano. Il blocco o le limitazioni delle attività operative durante i periodi di lockdown hanno generato effetti negativi quali la contrazione del PIL (-8,9% nel 2020 secondo l’ISTAT) e la riduzione di 1,7 punti percentuali del numero di occupati, pari a -390 mila unità tra novembre 2019 e novembre 2020 (ISTAT), diminuiti nonostante le disposizioni dell‘esecutivo in favore del blocco dei licenziamenti.
Secondo il rapporto SAFE condotto dalla Banca Centrale Europea (BCE), sia i ricavi che i profitti sono previsti in contrazione per il 56% [11] delle PMI italiane.
Nel 2020 si assisterà ad un calo dei fatturati e della redditività per il 56% delle imprese.
Per far fronte alla crisi causata dalla pandemia, le PMI nostrane hanno applicato contromisure simili a quelle attuate per contrastare la crisi finanziaria del 2008/2009, ricercando la riduzione dei costi operativi, come l’acquisto delle materie prime (diventate superflue, vista la decisa contrazione delle vendite) e il costo del lavoro, sfruttando le misure statali disponibili come la Cassa Integrazione guadagni (Cig) o il Fondo integrazione salariale (Fis).
L'impatto della pandemia si è riscontrato anche sulla propensione all’imprenditorialità (visto l’aumento del rischio d’impresa). Secondo i dati di Creditsafe, le nuove imprese costituite durante il 2020 sono risultate circa 287.000, in calo del 18% rispetto alle costituzioni del 2019 (352.000).